Una madre

“Quando avrai perso tua Madre, non ci sarà nessuna persona che si preoccuperà di te allo stesso modo in cui lo faceva lei.
Quando perderai tua Madre, il tuo mondo cambierà.
Ti sveglierai una mattina col mal di gola, proverai a dirlo a qualche caro, ma non ci baderanno molto. Se non prenderai un’aspirina e non metterai una sciarpa, non passerà, e dovrai pensarci tu, anche se già prima ci pensavi tu, ma lei non sarà li a chiederti due volte al giorno se è passato, a nessuno interesserà realmente il tuo mal di gola, perché è un semplice mal di gola.
Ti sveglierai una mattina nervosa, ma se risponderai male a qualcuno, poi dovrai chiedere scusa, perché è così che funziona, mentre lei ti avrebbe capito e ti avrebbe detto che ti voleva bene anche col tuo carattere, ma gli altri no.
Prenderai aerei, treni, viaggerai in auto e ogni volta, appena arrivata, penserai di chiamarla per dirglielo, perché una mamma che sa che sua figlia è in viaggio, aspetta che arrivi, per poter tornare a respirare normalmente.
Ogni gioia o ogni dolore saranno oscurati dell’amarezza di non poter condividere con lei quel risultato.
Sarà strano stare seduta a tavola e renderti conto che nessuno guarderà nel tuo piatto per vedere se stai mangiando con appetito e nessuno guarderà nel tuoi occhi per capire se sei turbata o serena.
Non voglio dire che non ti amerà nessuno o che sarai una persona sola, assolutamente.
Voglio semplicemente intendere che nessuno ti amerà come si ama se stessi, più di se stessi.
Finché puoi, chiedile tante cose di quando eri piccolo, perché poi nessuno potrà raccontartele piu’, lei invece sa tutto di te.
La sentirai vicina nei momenti più impensati, sentirai la sua voce negli attimi della quotidianità , che ti spiega come fare una determinata cosa, ma soprattutto la sentirai quando starai male e sarà il tuo conforto.

Pubblicità
Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Orazione funebre di Antonio

L’orazione funebre di Antonio

Dopo le commedie romantiche e i grandi drammi storici, il Giulio Cesare (composto tra il 1599 e il 1600) inaugura nella produzione teatrale shakespeariana il periodo più cupo e austero dell’ispirazione del grande drammaturgo inglese: le tragedie in particolare mettono in scena contraddizioni e contrasti, assumendo i toni della disperazione, della solitudine, della violenza. Nel Giulio Cesare, ispirato alla Vita di Cesare scritta da Plutarco, Shakespeare propone una visione problematica degli avvenimenti, esplorando la complessità morale dell’individuo che agisce nella storia esemplificata nella figura di Bruto, l’organizzatore della congiura contro Cesare: nonostante la giustezza delle sue motivazioni, la storia si ritorcerà contro di lui facendo di un tirannicida l’inconsapevole artefice del trionfo della tirannia. Nella famosissima scena qui riprodotta il popolo romano è convenuto nel foro per ascoltare i congiurati: Bruto spiega le sue ragioni, giustificando l’assassinio di Cesare con il nobile intento di agire per il bene di Roma; Marco Antonio pronuncia l’orazione funebre che ribalterà il giudizio del popolo sugli assassini.

Roma. Il Fòro.

Entrano BRUTO e CASSIO, ed una folla di Cittadini.

I Citt. Vogliamo avere soddisfazione; che ci venga data soddisfazione.
Bru. Allora seguitemi, e datemi ascolto, amici. Cassio, voi andate nell’altra strada; dividiamo la folla. Coloro che vogliono udire me parlare, restino qui; coloro che vogliono sentire Cassio, vadano con lui, e sarà resa pubblica ragione della morte di Cesare.
1° Citt. Io voglio sentire parlare Bruto.
2° Citt. Io voglio udire Cassio, poi paragoneremo le ragioni che ci rendono ascoltandole ora separatamente.

Esce Cassio con alcuni dei Cittadini. Bruto sale al rostro.

3° Citt. Il nobile Bruto è salito. Silenzio!
Bru. Siate pazienti sino alla fine. Romani, compatriotti, e amici! uditemi per la mia causa; e fate silenzio per poter udire: credetemi per il mio onore; ed abbiate rispetto pel mio onore affinché possiate credere: giudicatemi nella vostra saggezza, ed acuite il vostro ingegno affinché meglio possiate giudicare. Se vi è alcuno qui in questa assemblea, alcun caro amico di Cesare, a lui io dico che l’amore di Bruto per Cesare non era minore al suo. Se poi quell’amico domandi perché Bruto si sollevò contro Cesare, questa è la mia risposta: non che io amavo Cesare meno, ma che amavo Roma di più. Preferireste che Cesare fosse vivo, e morire tutti da schiavi, o che Cesare sia morto per vivere tutti da uomini liberi? In quanto Cesare mi amò, io piango per lui; in quanto la fortuna gli arrise, io ne godo; in quanto egli fu coraggioso, io l’onoro; ma in quanto egli fu ambizioso, io l’ho ucciso: vi sono lacrime per il suo amore, gioia per la sua fortuna, onore per il suo coraggio, e morte per la sua ambizione. Chi v’è qui sì abietto che sarebbe pronto ad essere schiavo? Se vi è, che parli; perché lui io ho offeso. Chi vi è qui sì barbaro che non vorrebbe essere romano? Se vi è, che parli; perché lui ho offeso. Chi vi è qui sì vile che non ami la sua patria? Se vi è, che parli; perché lui ho offeso. Aspetto una risposta.
I Citt. Nessuno, Bruto, nessuno.
Bru. Allora nessuno io ho offeso. Non ho fatto di più a Cesare di quello che voi farete a Bruto. Il giudizio della sua morte è registrato in Campidoglio; la sua gloria non è attenuata per ciò in cui fu degno, né i suoi torti esagerati per i quali soffrì la morte.

Entrano ANTONIO ed altri, col corpo di Cesare.

Ecco che giunge il suo corpo, pianto da Marc’Antonio, il quale, benché nessuna parte abbia avuto nella sua morte, ne riceverà il benefizio, un posto nella repubblica; e chi di voi non riceverà altrettanto? Con questo io parto; ché, come io uccisi il mio miglior amico per il bene di Roma, ho lo stesso pugnale per me stesso, quando piacerà alla mia patria di aver bisogno della mia morte.
Tutti. Vivi, Bruto! vivi, vivi!
1° Citt. Portatelo in trionfo alla sua casa.
2° Citt. Dategli una statua con i suoi antenati.
3° Citt. Sia egli Cesare.
4° Citt. Le migliori qualità di Cesare saranno coronate in Bruto.
1° Citt. L’accompagneremo alla sua casa con grida e con clamori.
Bru. Compatriotti…
2° Citt. Pace! Silenzio: Bruto parla.
1° Citt. Pace, oh!
Bru. Buoni compatriotti, lasciatemi partire solo, e, per amore mio, restate qui con Antonio. Rendete gli onori alla salma di Cesare, ed onorate il suo discorso che mira a glorificare Cesare, e che a Marc’Antonio con nostra licenza è concesso di fare. Vi supplico, non un solo uomo parta eccetto me, finché Antonio non abbia parlato.

Esce.

1° Citt. Fermi, oh! Udiamo Marc’Antonio.
3° Citt. Che salga sulla pubblica cattedra; l’udremo. Nobile Antonio, sali.
Ant. Per l’amore di Bruto, sono obbligato a voi.
4° Citt. Che dice egli di Bruto?
3° Citt. Egli dice che per amore di Bruto si sente obbligato a noi tutti.
4° Citt. Sarà bene che egli non sparli di Bruto qui.
1° Citt. Questo Cesare era un tiranno.
3° Citt. Davvero, questo è certo: siamo fortunati che Roma ne sia libera.
2° Citt. Silenzio! Udiamo ciò che Antonio può dire.
Ant. O voi gentili Romani…
I Citt. Silenzio, oh! Udiamolo.
Ant. Amici, Romani, compatriotti, prestatemi orecchio; io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo. Il male che gli uomini fanno sopravvive loro; il bene è spesso sepolto con le loro ossa; e così sia di Cesare. Il nobile Bruto v’ha detto che Cesare era ambizioso: se così era, fu un ben grave difetto: e gravemente Cesare ne ha pagato il fio. Qui, col permesso di Bruto e degli altri – ché Bruto è uomo d’onore; così sono tutti, tutti uomini d’onore – io vengo a parlare al funerale di Cesare. Egli fu mio amico, fedele e giusto verso di me: ma Bruto dice che fu ambizioso; e Bruto è uomo d’onore. Molti prigionieri egli ha riportato a Roma, il prezzo del cui riscatto ha riempito il pubblico tesoro: sembrò questo atto ambizioso in Cesare? Quando i poveri hanno pianto, Cesare ha lacrimato: l’ambizione dovrebbe essere fatta di più rude stoffa; eppure Bruto dice ch’egli fu ambizioso; e Bruto è uomo d’onore. Tutti vedeste come al Lupercale tre volte gli presentai una corona di re ch’egli tre volte rifiutò: fu questo atto di ambizione? Eppure Bruto dice ch’egli fu ambizioso; e, invero, Bruto è uomo d’onore. Non parlo, no, per smentire ciò che Bruto disse, ma qui io sono per dire ciò che io so. Tutti lo amaste una volta, né senza ragione: qual ragione vi trattiene dunque dal piangerlo? O senno, tu sei fuggito tra gli animali bruti e gli uomini hanno perduto la ragione. Scusatemi; il mio cuore giace là nella bara con Cesare e debbo tacere sinché non ritorni a me.
1° Citt. Mi pare che vi sia molta ragione nelle sue parole.
2° Citt. Se tu consideri bene la cosa, a Cesare è stato fatto gran torto.
3° Citt. Vi sembra, signori? Temo che uno peggiore di lui verrà al suo posto.
4° Citt. Avete notato le sue parole? Non volle accettare la corona: è quindi certo che non era ambizioso.
1° Citt. Se si troverà che è così qualcuno la pagherà ben cara.
2° Citt. Pover uomo! I suoi occhi sono rossi come il fuoco dal piangere.
3° Citt. Non v’è uomo a Roma più nobile di Antonio.
4° Citt. Ora, osservatelo, ricomincia a parlare.
Ant. Pur ieri la parola di Cesare avrebbe potuto opporsi al mondo intero: ora egli giace là, e non v’è alcuno, per quanto basso, che gli renda onore. O signori, se io fossi disposto ad eccitarvi il cuore e la mente alla ribellione ed al furore, farei un torto a Bruto e un torto a Cassio, i quali, lo sapete tutti, sono uomini d’onore: e non voglio far loro torto: preferisco piuttosto far torto al defunto, far torto a me stesso e a voi, che far torto a sì onorata gente. Ma qui è una pergamena col sigillo di Cesare – l’ho trovata nel suo studio – è il suo testamento: che i popolani odano soltanto questo testamento, che, perdonatemi, io non intendo di leggere, e andrebbero a baciar le ferite del morto Cesare, ed immergerebbero i loro lini nel sacro sangue di lui; anzi, chiederebbero un capello per ricordo, e morendo, ne farebbero menzione nel loro testamento, lasciandolo, ricco legato, alla prole.
1° Citt. Vogliamo udire il testamento: leggetelo, Marc’Antonio.
I Citt. Il testamento, il testamento! Vogliamo udire il testamento di Cesare.
Ant. Pazienza, gentili amici, non debbo leggerlo; non è bene che voi sappiate quanto Cesare vi amò. Non siete di legno, non siete di pietra, ma uomini, e essendo uomini, e udendo il testamento di Cesare, esso v’infiammerebbe, vi farebbe impazzire: è bene non sappiate che siete i suoi eredi; ché, se lo sapeste, oh, che ne seguirebbe!
4° Citt. Leggete il testamento; vogliamo udirlo, Antonio; dovete leggerci il testamento, il testamento di Cesare.
Ant. Volete pazientare? Volete attendere un poco? Ho sorpassato il segno nel parlarvene. Temo di far torto agli uomini d’onore i cui pugnali hanno trafitto Cesare; invero, lo temo.
4° Citt. Erano traditori: che uomini d’onore!
I Citt. Il testamento! Il testamento!
2° Citt. Erano canaglie, assassini: il testamento! Leggete il testamento!
Ant. M’obbligate dunque a leggere il testamento? E allora fate cerchio attorno al corpo di Cesare e lasciate che io vi mostri colui che fece il testamento. Debbo scendere? E me lo permettete?
I Citt. Venite giù!
2° Citt. Scendete.
3° Citt. Avrete il permesso.

Antonio scende.

4° Citt. In cerchio; state intorno.
1° Citt. Lontani dalla bara; lontani dal corpo.
2° Citt. Fate posto ad Antonio, al nobilissimo Antonio.
Ant. No, non vi affollate intorno a me; state lontani.
I Citt. State indietro! Posto! Andate indietro!
Ant. Se avete lacrime, preparatevi a spargerle adesso. Tutti conoscete questo mantello: io ricordo la prima volta che Cesare lo indossò; era una serata estiva, nella sua tenda, il giorno in cui sconfisse i Nervii: guardate, qui il pugnale di Cassio l’ha trapassato: mirate lo strappo che Casca nel suo odio vi ha fatto: attraverso questo il ben amato Bruto l’ha trafitto; e quando tirò fuori il maledetto acciaio, guardate come il sangue di Cesare lo seguì, quasi si precipitasse fuori di casa per assicurarsi se fosse o no Bruto che così rudemente bussava; perché Bruto, come sapete, era l’angelo di Cesare: giudicate, o dèi, quanto caramente Cesare lo amava! Questo fu il più crudele colpo di tutti, perché quando il nobile Cesare lo vide che feriva, l’ingratitudine, più forte delle braccia dei traditori, completamente lo sopraffece: allora si spezzò il suo gran cuore; e, nascondendo il volto nel mantello, proprio alla base della statua di Pompeo, che tutto il tempo s’irrorava di sangue, il gran Cesare cadde. Oh, qual caduta fu quella, miei compatriotti! Allora io e voi, e tutti noi cademmo, mentre il sanguinoso tradimento trionfava sopra di noi. Oh, ora voi piangete; e, m’accorgo, voi sentite il morso della pietà: queste son generose gocce. Anime gentili, come? piangete quando non vedete ferita che la veste di Cesare? Guardate qui, eccolo lui stesso, straziato, come vedete, dai traditori.
1° Citt. O pietoso spettacolo!
2° Citt. O nobile Cesare!
3° Citt. O infausto giorno!
4° Citt. O traditori! Canaglie!
1° Citt. O vista cruenta!
2° Citt. Vogliamo essere vendicati.
I Citt. Vendetta! Attorno! Cercate! Bruciate! Incendiate! Uccidete! Trucidate! Non lasciate vivo un solo traditore!
Ant. Fermi, compatriotti!
1° Citt. Silenzio, là! Udite il nobile Antonio.
2° Citt. L’udremo, lo seguiremo, morremo con lui!
Ant. Buoni amici, dolci amici, che io non vi sproni a così subitanea ondata di ribellione. Coloro che han commesso questa azione sono uomini d’onore; quali private cause di rancore essi abbiano, ahimè, io ignoro, che li hanno indotti a commetterla; essi sono saggi ed uomini d’onore, e, senza dubbio, con ragioni vi risponderanno. Non vengo, amici, a rapirvi il cuore. Non sono un oratore com’è Bruto; bensì, quale tutti mi conoscete, un uomo semplice e franco, che ama il suo amico; e ciò ben sanno coloro che mi han dato il permesso di parlare in pubblico di lui: perché io non ho né l’ingegno, ne la facondia, né l’abilità, né il gesto, né l’accento, né la potenza di parola per scaldare il sangue degli uomini: io non parlo che alla buona; vi dico ciò che voi stessi sapete; vi mostro le ferite del dolce Cesare, povere, povere bocche mute, e chiedo loro di parlare per me: ma se io fossi Bruto, e Bruto Antonio, allora vi sarebbe un Antonio che sommoverebbe gli animi vostri e porrebbe una lingua in ogni ferita di Cesare, così da spingere le pietre di Roma a insorgere e ribellarsi.
I Citt. Ci ribelleremo.
1° Citt. Bruceremo la casa di Bruto!
2° Citt. Via dunque! Venite, si cerchino i cospiratori!
Ant. Ascoltatemi ancora, compatriotti; ancora uditemi parlare.
I Citt. Silenzio, oh! Udite Antonio, il nobilissimo Antonio.
Ant. Amici, voi andate a fare non sapete che cosa. In che ha Cesare meritato il vostro amore? Ahimè, non sapete: debbo dirvelo allora: avete dimenticato il testamento di cui vi parlavo.
I Citt. Verissimo, il testamento: restiamo ad udire il testamento.
Ant. Ecco il testamento, e col sigillo di Cesare: ad ogni cittadino romano egli dà, ad ognuno individualmente, settantacinque dramme.
2° Citt. Nobilissimo Cesare! Vendicheremo la sua morte.
3° Citt. O regale Cesare!
Ant. Ascoltatemi con pazienza.
I Citt. Zitti, oh!
Ant. Inoltre, egli vi ha lasciato tutti i suoi passeggi, le sue private pergole e gli orti nuovamente piantati, al di qua del Tevere; egli li ha lasciati a voi ed ai vostri eredi per sempre: pubblici luoghi di piacere, per passeggiare e per divertirvi. Questo era un Cesare! Quando ne verrà un altro simile?
1° Citt. Giammai, giammai! Venite, via, via! Bruceremo il suo corpo nel luogo santo, e con i tizzoni incendieremo le case dei traditori. Raccogliete il corpo.
2° Citt. Andate a prendere il fuoco.
3° Citt. Abbattete le panche.
4° Citt. Abbattete i sedili, le finestre, ogni cosa.

Escono i Cittadini col corpo.

Ant. Ed ora, che la cosa vada avanti da sé. Malanno, tu sei scatenato, prendi il corso che vuoi.

Entra un Servo.

Ebbene, giovane!
Serv. Signore, Ottavio è già arrivato a Roma.
Ant. Dov’è?
Serv. Egli e Lepido sono in casa di Cesare.
Ant. Ed ivi subito andrò a visitarlo: mi giunge a proposito. La fortuna è lieta e in questo umore ci concederà qualunque cosa.
Serv. Ho udito dire che Bruto e Cassio han traversato cavalcando come pazzi le porte di Roma.
Ant. Forse hanno avuto qualche notizia del popolo, come io l’avevo commosso. Conducimi da Ottaviano

William Shakespeare, Giulio Cesare, atto III, scena II, traduzione di M. Praz, Sansoni, Firenze 1964.

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

William Shakespeare – atto II scena 3 – Marco Antonio – orazione funebre a Cesare

Il monologo shekespeariano di Marco Antonio, luogotenente di Cesare, dopo l’omicidio di quest’ultimo, è un orazione funebre che è un capolavoro nell’uso della parola.
Con esso apparentemente Marco Antonio sembra non schierarsi apertamente contro gli autori del delitto, Bruto e Cassio, ma con sapiente uso della parola prima ricorda ai romani disorientati i meriti di Cesare, che neppure i congiurati negano, e insinua sapientemente negli ascoltatori prima dubbi e poi ne sa suscitare la rabbia contro i due nobili romani e tutto questo senza pronunciare una parola di odio e di condanna.

Un monologo che è un capolavoro di teatro e retorica di cui Marlon Brando, nel film Giulio Cesare del 1953, diede un interpretazione magistrale che consiglio di cercare.

William Shakespeare,
Giulio Cesare,
atto III, scena II.

Ascoltatemi amici, romani, concittadini…
Io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo.
Il male che l’uomo fa vive oltre di lui.
Il bene sovente, rimane sepolto con le sue ossa… e sia così di Cesare.
Il nobile Bruto vi ha detto che Cesare era ambizioso. Grave colpa se ciò fosse vero e Cesare con grave pena l’avrebbe scontata.
Ora io con il consenso di Bruto e degli altri, poiché Bruto è uomo d’onore, e anche gli altri, tutti, tutti uomini d’onore…

Io vengo a parlarvi di Cesare morto.
Era mio amico. Fedele giusto con me… anche se Bruto afferma che era ambizioso e Bruto è uomo d’onore.
Si è vero. Sul pianto dei miseri Cesare lacrimava.
Un ambizioso dovrebbe avere scorza più dura di questa.
E tuttavia sostiene Bruto che egli era ambizioso e Bruto è uomo d’onore.

Si è anche vero che tutti voi mi avete visto alle feste dei Lupercali tre volte offrire a Cesare la corona di Re e Cesare tre volte rifiutarla. Era ambizione la sua?
E tuttavia è Bruto ad affermare che egli era ambizioso e Bruto, voi lo sapete, è uomo d’onore.

Io non vengo qui a smentire Bruto ma soltanto a riferirvi quello che io so.
Tutti voi amaste Cesare un tempo, non senza causa. Quale causa vi vieta oggi di piangerlo? Perché o Senno fuggi dagli uomini per rifugiarti tra le belve brute.
Perdonatemi amici, il mio cuore giace con Cesare in questa bara. Devo aspettare che esso torni a me.

Soltanto fino a ieri la parola di Cesare scuoteva il mondo e ora giace qui in questa bara e non c’è un solo uomo che sia così miserabile da dovergli il rispetto, signori.
Signori, se io venissi qui per scuotere il vostro cuore, la vostra mente, per muovervi all’ira alla sedizione farei torto a Bruto, torto a Cassio, uomini d’onore, come sapete.

No, no. Non farò loro un tal torto. Oh… preferirei farlo a me stesso, a questo morto, a voi, piuttosto che a uomini d’onore quali essi sono.
E tuttavia io ho con me trovata nei suoi scaffali una pergamena con il sigillo di Cesare, il suo testamento.

Ebbene se il popolo conoscesse questo testamento, che io non posso farvi leggere perdonatemi, il popolo si getterebbe sulle ferite di Cesare per baciarle, per intingere i drappi nel suo sacro sangue, no…
No, amici no, voi non siete pietra né legno, ma uomini.

Meglio per voi ignorare, ignorare… che Cesare vi aveva fatto suoi eredi.
Perché che cosa accadrebbe se voi lo sapeste? Dovrei… dovrei dunque tradire gli uomini d’onore che hanno pugnalato Cesare?
E allora qui tutti intorno a questo morto e se avete lacrime preparatevi a versarle.

Tutti voi conoscete questo mantello. Io ricordo la prima sera che Cesare lo indossò. Era una sera d’estate, nella sua tenda, dopo la vittoria sui Nervii.
Ebbene qui, ecco.. Qui si è aperta la strada il pugnale di Cassio.
Qui la rabbia di Casca.
Qui pugnalò Bruto, il beneamato.
E quando Bruto estrasse il suo coltello maledetto il sangue di Cesare lo inseguì vedete, si affacciò fin sull’uscio come per sincerarsi che proprio lui, Bruto avesse così brutalmente bussato alla sua porta.
Bruto, l’angelo di Cesare.

Fu allora che il potente cuore si spezzò e con il volto coperto dal mantello, il grande Cesare cadde.
Quale caduta concittadini, tutti… io, voi, tutti cademmo in quel momento mentre sangue e tradimento fiorivano su di noi.
Che… ah… adesso piangete?
Senza aver visto che le ferite del suo mantello…?
Guardate qui, Cesare stesso lacerato dai traditori…
No… no, amici no, dolci amici… Buoni amici… Nooo… non fate che sia io a sollevarvi in questa tempesta di ribellione.

Uomini d’onore sono coloro che hanno lacerato Cesare e io non sono l’oratore che è Bruto ma un uomo che amava il suo amico, e che vi parla semplice e schietto di ciò che voi stessi vedete e che di per sé stesso parla.
Le ferite, le ferite… del dolce Cesare… Povere bocche mute…
Perché se io fossi Bruto e Bruto Antonio, qui ora ci sarebbe un Antonio che squasserebbe i vostri spiriti e che ad ognuna delle ferite di Cesare donerebbe una lingua così eloquente da spingere fin le pietre di Roma a sollevarsi, a rivoltarsi.

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

La vita è…

“Sono una mamma e una maestra di scuola primaria quest’anno sono stata nominata sul sostegno di una bimba grave, gravissima e …bellissima. Bene: appena arrivo in classe la maestra prevalente mi avverte “Stai attenta alla madre che cercherà in tutti i modi di tirarti dentro alla sua sofferenza e poi è un po’ fissata con il fatto che la figlia può far tutto, capisce tutto ecc.” ed io …sto zitta.

Mi dice che dobbiamo andare a visitare un posto con la classe e che la mamma si è “fissata” col fatto che debba andarci anche la figlia… sto zitta ancora e intanto incrocio gli occhi della bimba che sono quelli della mia e dentro di me le parlo e le dico “stai tranquilla ti ci porto io” …lei sorride è bellissima…nessuna maestra però che ormai è con lei da tre anni mi dice quali siano le sue competenze o no, la diagnosi funzionale è troppo generica. Usciamo e inizia la visita guidata. La bimba con la sedia a rotelle cerca di spingersi avanti per guardare i quadri, le tele, i dipinti ma la maestra di classe mi dice di tirarla indietro perchè leva il posto e la visuale a chi “capisce”…
Resisto e faccio come se non avessi sentito, la porto ovunque e le parlo e le spiego… la maestra mi guarda di sbieco.
Torniamo in classe e mentre tutto il gruppo classe relaziona sull’uscita lei non ha un compito, un libro, niente… e io sono al mio primo giorno e non ho preparato niente.
Poco male mi organizzo, la coinvolgo e chiedo alla sua compagna di banco, una bimba carinissima, di farci sbirciare sul libro lei ci prova ma poi dice che non ha tempo deve lavorare con gli altri.
Merenda: da sola e gli altri in gruppo. Cambio pannolino da panico: i bidelli fanno a gara per non venire, ti cambio io amore, è un’ora che sei con la cacca. Parlo con la maestra dell’anno scorso che mi scarica addosso una serie di cattiverie sulla madre sulla famiglia e sul fatto che non si può lavorare con un handicap così grave. Le chiedo se ha mai usato la CAA o la tecnologia e mi dice che loro del sostegno vengono da una laurea in scienze della formazione e che hanno sostenuto solo quattro esami troppo generici per poter sapere tutto…
RESISTO ANCORA.
Intanto sono completamente innamorata della mia bimba… in lei c’ è la mia, la sofferenza della madre è la mia … Le risposte le ho da lei. Uno scricciolo accartocciato su se stesso che indica in modo corretto tutti i colori, le forme, le lettere, i numeri che risponde esattamente a tutte le mie domande con gridolini che capisco e interpreto bene.
Le ho dato mille baci e lei mi ha fatto mille carezze. Alla fine della giornata saluto e la maestra di classe mi dice “comunque sei molto portata ne avevamo bisogno”!
Mi giro e sulla porta dico “corro a casa c’è mia figlia completamente disabile che mi aspetta. GELO TOTALE.
Oggi sono arrivata con il mio Ipad e con l’aria di quella incavolata, loro, le maestre hanno cercato di recuperare ma io ho detto: “Sentite, io non sono la maestra di questa bimba, io sono una maestra di classe a supporto della classe, la bimba è di tutti, di tutta la classe quindi o si programma insieme o sono cavoli amari. Se vedeste quello che vedo io in lei, se vedeste dentro questo corpo che non risponde una bimba come le altre desiderosa di scoprire di sapere di giocare di interagire allora questa classe sarebbe migliore, voi sareste delle persone migliori e il mondo sarebbe una favola.”
La mia bimba si è divertita un mondo con le applicazioni app… tutti i bimbi erano dietro di lei a cercare di capire cosa stesse usando… ho fatto un piccolo gruppo ricreativo e fuori dal suo banco ha potuto far merenda con altri bimbi… le ho portato un libro di favole e le ho detto in un orecchio di leggerlo quando non ci sono così non si sente sola. Ha diciotto ore e quando è senza di me… è sola a guardare il nulla.
Ora sono a casa e guardo mia figlia …e spero e prego che lei possa sopravvivere alle cattiverie e all’ignoranza della gente.

Una maestra e una mamma ❤

(dal blog della maestra Titty)

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Quando i genitori invecchiano

Lasciali invecchiare con lo stesso amore con cui ti hanno fatto crescere…
lasciali parlare e raccontare ripetutamente storie con la stessa pazienza e interesse con cui hanno ascoltato le tue quando eri bambino…
lasciali vincere, come tante volte loro ti hanno lasciato vincere…
lasciali godere dei loro amici, delle chiacchiere con i loro nipoti…
lasciali godere vivendo tra gli oggetti che li hanno accompagnati per molto tempo, perché soffrono sentendo che gli strappi pezzi della loro vita…
lasciali sbagliare, come tante volte ti sei sbagliato tu…

Lasciali vivere e cerca di renderli felici l’ultimo tratto del cammino che gli manca da percorrere, allo stesso modo in cui loro ti hanno dato la loro mano quando iniziavi il tuo.

Pablo Neruda

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

La morte della madre…

La morte della madre non è paragonabile alla morte dell’uomo che amavi: è l’anticipo della tua morte.
Perché è la morte della creatura che ti ha concepito, portato dentro il ventre, regalato la vita.
E la tua carne è la sua carne, il tuo sangue è il suo sangue, il tuo corpo è un’estensione del suo corpo: nell’attimo in cui muore, muore fisicamente una parte di te o il principio di te, né serve che il cordone ombelicale sia stato tagliato per separarvi.
Per rinviar quella morte che era un anticipo della mia morte, dunque mi tenevo sveglia.
Per tenermi sveglia la tenevo sveglia e parlavo, parlavo.
Le raccontavo ciò che non le avevo mai raccontato e non avrei mai raccontato a nessuno, le mie ferite, i miei rimpianti, i miei dubbi, prezioso fardello tuttavia giacché era esso stesso vita, le dicevo che malgrado quelle ferite e quei rimpianti e quei dubbi mi piaceva tanto la vita, ero così contenta d’esser nata, e la ringraziavo in ginocchio d’avermi partorito.
Perfino se non avesse fatto altre cose buone nella sua bontà, nella sua generosità, l’avermi regalato la vita sarebbe stato per me sufficiente a giustificar la sua vita.
E io speravo che questa mia gratitudine la ripagasse di ogni dispiacere che potevo averle dato.
Per rispondermi che la rendevo felice, fiera del bellissimo gesto che aveva compiuto, lei mi stringeva con forza le dita e mi spalancava addosso gli occhi nocciola.
Poi, quando veniva mio padre, me lo indicava con l’indice e con un sorriso: quasi a ricordarmi che il dono veniva anche da lui.

Oriana Fallaci

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Sono un bambino speciale

Sono un bambino “speciale”… non so bene cosa significhi…probabilmente dovrò essere una persona importante, forse uno scienziato…

…o forse no sono un avvocato, sono sommerso dalla burocrazia e conosco già molte leggi…

Comunque sarò senz’altro una persona importante, deve essere questo il motivo per cui quando vado alle giostre salto la fila, entro gratis al cinema e al museo ed ho addirittura il posto auto riservato…

Quando cammino tutti mi osservano, ho sempre gli occhi puntati addosso e molti conoscono già il mio nome…

… mi sono convinto: sono un bambino “speciale”, forse sono un principe, un ” piccolo principe”!!!

A scuola ho un’insegnante tutta per me, sta sempre con me, è seduta con me nel banco,è molto dolce… peccato però, a me piacerebbe essere seduto accanto ad un compagno, ma purtroppo si sa che i privilegi hanno un prezzo da pagare!

Sì… devo essere proprio un bambino privilegiato, infatti i miei compagni di classe a scuola devono imparare tantissime cose e devono studiare molto, devono rimanere sempre seduti nel banco e non possono alzarsi.

Io invece anche se faccio uno scarabocchio su un foglio come disegno mi viene detto che sono bravo, e come premio vengo portato in giro nella scuola a fare lunghe passeggiate nei corridoi, ho imparato tante cose, anche a suonare la campanella della ricreazione.

Si sono proprio un bambino fortunato, so che è una cosa bella, però a volte vorrei sentirmi solo un bambino come tutti gli altri, vorrei che la maestra di classe si rivolgesse a me, mi facesse delle domande, vorrei avere anche io delle regole chiare, vorrei che i miei compagni giocassero con me nella ricreazione, che avessimo modo di conoscerci davvero per dimostrare loro che anche io so tante cose anche se non riesco ad esprimermi come vorrei…

(forse allora sono straniero???)

Non è facile essere un bambino speciale e non deve essere facile neppure essere la sua mamma, il suo papà, a volte li vedo crollare sotto il peso della stanchezza, ma basta un mio sorriso, un mio abbraccio ed ecco che si illuminano e tornano nuovamente a sorridere…

non sarà forse allora che ho dei “superpoteri”?…

Sono un bambino speciale….

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Tanto tu sei forte…

Me lo ripetevano tutti fin da bambina.

Cadevo e mi facevo male e mi dicevano :- non piagere che mamma e papà sono lontani e si dispiacciono… :- non piangere che nonno sta male di cuore..
Ed io ho sempre ingoiato le lacrime e dimostrato forza e serenità.

Ho imparato ad essere forte, a non esternare i miei sentimenti.

Ho imparato!

Tanto tu sei forte!

Non scegli di essere forte, lo diventi perché non hai altra scelta

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Grazia Deledda…Sono nata in Sardegna…

Il 10 dicembre 1927 Grazia Deledda ritirò a Stoccolma il Premio Nobel per la Letteratura assegnatole per l’anno precedente, il 1926.

Ai membri dell’Accademia reale svedese proferì un discorso breve ma ricchissimo di significato, sulla sua vita, sulla Sardegna e sul percorso che l’ha condotta a divenire la prima e unica donna italiana insignita dal Nobel per la Letteratura.

Sono nata in Sardegna.

La mia famiglia, composta di gente savia ma anche di violenti e di artisti primitivi, aveva autorità e aveva anche biblioteca. Ma quando cominciai a scrivere, a tredici anni, fui contrariata dai miei. Il filosofo ammonisce: se tuo figlio scrive versi, correggilo e mandalo per la strada dei monti; se lo trovi nella poesia la seconda volta, puniscilo ancora; se va per la terza volta, lascialo in pace perché è un poeta. Senza vanità anche a me è capitato così.

Avevo un irresistibile miraggio del mondo, e soprattutto di Roma. E a Roma, dopo il fulgore della giovinezza, mi costruì una casa mia dove vivo tranquilla col mio compagno di vita ad ascoltare le ardenti parole dei miei figli giovani.

Ho avuto tutte le cose che una donna può chiedere al suo destino, ma grande sopra ogni fortuna la fede nella vita e in Dio. Ho vissuto coi venti, coi boschi, colle montagne. Ho guardato per giorni, mesi ed anni il lento svolgersi delle nuvole sul cielo sardo. Ho mille e mille volte poggiato la testa ai tronchi degli alberi, alle pietre, alle rocce per ascoltare la voce delle foglie, ciò che dicevano gli uccelli, ciò che raccontava l’acqua corrente. Ho visto l’alba e il tramonto, il sorgere della luna nell’immensa solitudine delle montagne, ho ascoltato i canti, le musiche tradizionali e le fiabe e i discorsi del popolo. E così si è formata la mia arte, come una canzone, o un motivo che sgorga spontaneo dalle labbra di un poeta primitivo.

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento

Hiroshima…

Era il 6 agosto 1945, alle 8:15 del mattino, fu sganciata la prima bomba atomica della storia su Hiroshima.
Tre giorni dopo, il 9 Agosto 1945, alle 11.02, gli americani, non contenti, sganciarono una seconda bomba su Nagasaki.
Si contarono più di 210.000 morti e 150.000 feriti a causa delle due esplosioni.
Grazie America garante di pace, cultura e valori democratici 🤬
Su Hiroshima l’aereo si abbassò per colpire meglio e provocare più morti e devastazione possibile.
Sia la bomba che l’aereo erano stati battezzati con nomi umani..
Enola Gay era il bombardiere B-29 Superfortress, e quello era il nome della madre del pilota…il colonnello Paul Tibbets..
La prima bomba atomica della storia fu soprannominata Little Boy cioè ragazzino….
Ma a Hiroshima i ragazzini non videro più il cielo oscurato da quell’enorme fungo nero…
I più fortunati morirono subito, chi sopravvisse vedeva la pelle del corpo sbriciolarsi in quell’aria contaminata e radioattiva.
Le sofferenze di quegli innocenti furono inumane e indicibili.
I capi delle potenze alleate brindarono, la guerra era vinta non importava il dolore, la devastazione e le morti prodotte per ottenerla.
Dovevamo capire da prima, dai giorni delle umiliazioni agli indiani d’America, decimati e rinchiusi nelle riserve, il concetto di democrazia per gli americani, paladini della loro giustizia.
Nessuna guerra intrapresa dagli americani è stata fatta per difendere la democrazia, ma per biechi interessi economici, commerciali e di sfruttamento…
Ma si sà… i libri di storia sono scritti dai vincitori

Pubblicato in Senza categoria | Lascia un commento